Conferenza introduttiva a cura del giornalista, musicologo e critico musicale Alberto Mattioli, alle 18.30, in Sala Madrid
Accanto a una vena creativa stupefacente, c’è in Händel un tono costante di esuberanza e pomposità, che fa accostare la sua arte a quella di Bernini o di Rubens. Le influenze manifeste degli operisti italiani, di Lulli e di Purcell sono volatilizzate al fuoco vivo della sua ispirazione.
Prototipo ne è il Messiah, composto sul finire dell’estate 1741 con velocità straordinaria su libretto di Charles Jennens (summa di versetti tratti dalla Bibbia di Re Giacomo e dal Book of Common Prayer), che consacra il genere dell’oratorio incontrando l’immediato favore del pubblico inglese. Opera di proporzioni imponenti, divenuta simbolo della carità cristiana, il Messiah è un trittico che addensa spiritualmente i principali momenti dell’epopea di Cristo, evitandone la presenza diretta.
Per esaltarne la materia compositiva (recitativi accompagnati, ariosi, arie solistiche e imponenti pagine corali), l’esecuzione del RIAS Kammerchor Berlin e del suo direttore principale Justin Doyle, insieme all’Akademie für Alte Musik Berlin e a un quartetto di eccezionali solisti, riporta alle origini questo capolavoro recuperandone la dimensione intima e contemplativa che conquistò per primo il cuore dei dublinesi in occasione del concerto di beneficenza del 13 aprile 1742 alla New Music Hall.